Kassianì, la poetessa bizantina che recitiamo il Martedì Santo
27-04-2021 |
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Una figura femminile della grecità medievale |
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Cassia è la voce poetica del IX secolo, nota per la sua eloquenza |
Spesso, per la particolare impronta ideologica della chiesa, trascuriamo o manchiamo di informazioni su alcune donne a dir poco straordinarie. È questo il caso di Cassia (Eikasia o Kassiani), una nobile bizantina, badessa e compositrice.
Certo, intanto non sembra di essere qualcosa di eccezionale, ma l’opinione primaria su di lei può cambiare se si specifica che le sue produzioni sopravvissero a lei, e non solo vennero studiate nei tempi moderni, ma che addirittura riuscirono a conquistare un campo talmente chiuso e gerarchico che è il testo dell'attuale Liturgia ortodossa.
Chi è quindi Cassia, e perché ha raggiunto tale successo?
Nasce in una famiglia nobile circa nel 810. Logicamente sappiamo poco o nulla della sua infanzia, e possiamo solo dedurre dall’ analisi delle sue future produzioni che sin da piccola ebbe un’ eccellente educazione : oltre che a sapere leggere e scrivere (già una rarità per una donna a quell’epoca) aveva nozioni di poesia e di metrica.
La prima testimonianza degli storici su di lei, ben tre contemporaneamente (Giorgio il monaco, Simone il logotete e Leo il grammatico) tuttavia, arriva quando Cassia partecipa a un ricevimento, convocato dall'Imperatore Teofilo, in cui egli avrebbe dovuto scegliere la propria sposa. L’interessante qui però non è la situazione in se, che parlerebbe solo della bellezza di Cassia, ma il breve dialogo che ha con Teofilo. Colpito dalla sua bellezza, rivolgendosele, dice : “Attraverso una donna si distillano le passioni più vili (riferendosi al peccato originale di Eva)". Cassia gli risponde dicendogli: "Ma attraverso una donna giungono le cose migliori (riferendosi alla nascita di Gesù).”
Dopo questo, Teofilo, ferito nell’ orgoglio, scelse un’ altra giovane, Teodora. (L’ autrice aggiunge che insultare il sesso opposto quando si cerca moglie è quanto mai sconsigliato)
Cassia non si dispera troppo per non essere stata scelta come futura imperatrice, e fonda un monastero a ovest di Costantinopoli . Molti studiosi dicono, non senza ironia, che Cassia volle consolarsi così del rifiuto di Teofilo, ma una lettera del monaco Teodoro Studita fa chiarezza sulle altre motivazioni che la giovane ebbe per fare questa scelta. In vicinanza al suo monastero si ergeva il principale centro di lavoro intellettuale e liturgico di quel tempi, il monastero di Studion, che tra il XI e il X secolo si dedicò all'opera di liturgica più importante dell'epoca: la riedizione della liturgia bizantina. Cassia inizia così una fitta corrispondenza con il monastero vicino, scrivendo inni e testi liturgici e questo sodalizio fece in modo che i suoi testi giungessero a noi intatti. Il suo corpus completo comprende circa 50 inni, di cui 23 inscritti nei testi liturgici. Oltre a questi, abbiamo circa 261 frammenti di carattere profano, tra cui epigrammi, aforismi e versi gnomici. Il più famoso e amato suo testo è “l’inno di Kassiani” che è letto in un momento di cruciale importanza religiosa per la chiesa orientale, ovvero il mercoledì santo,ultimo giorno prima della passione e delle Tenebre, giorno del grande tradimento di Giuda. Cassia descrive le sensazioni della donna peccatrice nel momento in cui si inginocchia davanti a Gesù e gli bacia i piedi, (spesso identificata con la figura di Maddalena) e poi paragona questo fatto alla caduta di Adamo ed Eva. Quando l’inno viene cantato dai fedeli in chiesa, descrive anche il loro viaggio per superare il peccato. Il testo è particolarmente adatto all’ occasione del Mercoledì Santo, perché il comportamento ella penitente risalta nel netto contrasto con il comportamento di Giuda, protagonista e figura chiave del mercoledì santo : la peccatrice che trascorse tutta la sua vita in modo increscioso, poco prima della morte di Cristo cerca di chiedergli perdono e di cercare di convertirsi; Giuda, che ebbe tutto da Cristo e che visse rettamente fino a questo Mercoledì Santo invece scivola e stabilisce “il prezzo di colui che è Inestimabile “ come scrive San Giovanni Damasceno. La traduzione del testo è la seguente:
"Percependo la tua divinità Signore,
una donna di molti peccati,
li prende su di sé
per diventare portatrice di mirra
e nel pianto
ti offre olio profumato
quale presagio della tua sepoltura:
"Guai a me! Che la notte scenda su di me,
Che folle desiderio, buio e senza luna,
questa avidita’ per il peccato.
Prendi il mio pianto
Tu che attingi acqua dalle nuvole,
piegati su di me, al sospiro del mio cuore,
Tu che pieghi i cieli
nel segreto della tua incarnazione,
Bagnero’ i tuoi piedi immacolati di baci
e li asciughero’ con le ciocche dei miei capelli;
quegli stessi piedi il cui passo Eva aveva udito
al tramonto in Paradiso e si nascose in preda al terrore.
Chi conterà la moltitudine dei miei peccati
o la profondità del tuo giudizio,
Salvatore della mia anima?
Non dimenticare la tua serva,
Tu la cui misericordia è infinita".
L'inno è cantato in tono ottavo, chiamato anche “plagale del quarto modo” è naturalmente diatonico. I modi plagali sono i modi “pari” (ovvero il secondo, il quarto, il sesto e appunto l’ ottavo). Essi utilizzano la nota finale come tenore effettivo inferiore, oltre al tenore salmodico superiore alla terza (o alla quarta per i modi quarto ed ottavo). Il tenore inferiore dispone di una propria nota d'appoggio, alla terza (per il tenore in mi) o alla quarta inferiore, sulla quale può porre le proprie cadenze. Il loro ambitus normale si estende dunque di una ottava a partire da questa nota d'appoggio inferiore.